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L'addio della stampa al grande Paul

“Le immagini di Paul Newman – morto nella notte di venerdì nella sua casa in Connecticut a 83 anni, dopo una battaglia contro il cancro – campeggiano sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo oggi, i suoi leggendari occhi blu spiccano tra i titoli della crisi finanziaria.

Sottolineando la grande fama internazionale di Newman, l’Independent gli dedica un’enorme foto che occupa l’intera prima pagina, relegando all’interno le notizie sui timori per il sistema creditizio del Paese.
Paul Newman: è morto il re del cool recita il titolo del Sunday Times sopra il ritratto dell’attore, noto anche per la sua filantropia.
In Germania, come altrove, la tv ha mostrato spezzoni dei suoi film.
Paul Newman – l’ultimo eroe è morto, titola il Bild am Sonntag.
Molti degli articoli ricordano una sua famosa battuta. “Mi immagino il mio epitaffio — aveva detto una volta — Qui giace Paul Newman, morto per un infarto perché i suoi occhi erano diventati marroni”.
Il
New York Times lo definisce il magnetico titano di Hollywood.
L’
Observer titola a doppia pagina: Un attore di vero genio un uomo di grande animo, focalizzando l’attenzione oltre che sulla sua filantropia sulla devozione per la sua famiglia.
In Francia, politici in fila per regalargli l’ultimo plauso, con il presidente Nicolas Sarkozy che lo definisce
una leggenda di Hollywood.
Persino in Iran, che in genere non si cura di notizie sulle star occidentali, i giornali hanno riportato la sua scomparsa”

(dall’Agenzia Reuters).

E in Italia?
Il Secolo XIX
scrive Addio a Paul Newman, bello d’America… in più di 60 film, questo americano dalla faccia pulita, autoironico ma capace di battaglie esemplari in nome di una libertà indissolubile dall’etica, è stato una leggenda. Se Marlon Brando rappresentava il ribelle, espulso dalla società per la sua carica eversiva, Newman era qualcosa di infinitamente più pericoloso e seducente insieme: il vero figlio di un Paese che tollerava a malapena le contestazioni, ma riconosceva in un febbricitante candore le radici della propria forza. Ed è stato questo vagare dei suoi personaggi fra spinte autodistruttive e sete di rivincita a farne un americano credibile.


Il Messaggero: In un mondo di belli e dannati, come Hollywood a metà anni 50, a Paul Newman toccò una maledizione quasi peggiore. Una bellezza olimpica, accesa dai celebri occhi azzurri. Un fisico perfetto ma proprio per questo refrattario a caratterizzazioni sicure (come fecero invece la possenza di Brando, la malinconia di Montgomery Clift, il broncio di James Dean). Una gioventù esplosiva, quasi insolente, alimentata da una contagiosa simpatia, anche quando affrontava personaggi ambigui o canaglie dichiarate.
Per tutte queste ragioni la partenza non fu bruciante. Stretto fra il mito nascente di Brando e la meteora James Dean, dei quali fu considerato a lungo una specie di rimpiazzo, il giovane Paul Newman si impone subito a Broadway ma decolla davvero solo al terzo film, ‘Lassù qualcuno mi ama’ di Robert Wise
.


Il Corriere della Sera: Immaginiamo di essere davanti a uno storico del cinema del 2050, come risponderebbe alla domanda: «Chi butteresti dalla torre, Brando o Newman?».
Di prim’acchito la risposta sembrerebbe ovvia perché l’interprete di ‘Un tram che si chiama Desiderio’ è considerato un macigno, uno spartiacque nella storia dello spettacolo che molti addirittura dividono in «prima di Marlon e dopo Marlon». E va aggiunto che Newman al suo apparire fu considerato il primo epigone di Brando, quasi un imitatore, il divulgatore del Metodo di cui l’altro era stato il profeta. Ma la vita è lunga e i conti si fanno alla fine. Il bilancio di Brando è stato quello di un interprete che appena baciato dal successo ha rifiutato per sempre il teatro, da vero apostata della sua arte; e molto presto, salvo alcuni miracolosi recuperi, si è accontentato di restare una merce pregiatissima sul mercato del consumismo…
Al contrario Newman ha sempre battuto la strada della qualità, accettando scelte rischiose, affinandosi, migliorando. Non ha mai abbandonato il palcoscenico, anche praticandolo da attore e regista in situazioni emarginate e quasi amatoriali…
Ma il suo personaggio, pur ricco di attrattive varie dal corridore d’automobili all’instancabile benefattore, è raramente pervenuto a fare notizia, mentre Brando in semiritiro e in soprappeso è sempre finito in prima pagina. Insomma è proprio la storia che dovrebbe, da questo momento in poi, riequilibrare la partita e (senza togliere niente alla gloria di Marlon) dare finalmente a Newman ciò che è di Newman.


La Repubblica: Scompare uno degli ultimi appartenenti all’olimpo di Hollywoood. Non solo attore ma anche regista, uomo impegnato socialmente, nonché sogno proibito di milioni di donne in tutto il mondo. In parte grazie ai suoi indimenticabili occhi blu, vero e proprio ‘marchio di fabbrica’ al quale probabilmente Newman avrebbe anche rinunciato: “Mi piacerebbe che la gente pensasse che in me c’è uno spirito che compie azioni, un cuore e un talento che non arriva dai miei occhi blu”.


Romacittà: “Mi mancherà Paul Newman, mancherà a ognuno di noi, non c’era nessuno come lui. Ha avuto una vita di cui andare orgogliosi, per la sua famiglia, il suo impegno benefico. Per tutta la vita ha dato milioni milioni e milioni di dollari a tante comunità. E poi c’è la sua carriera, che è indelebile”. Così Meryl Streep, a Roma per la promozione del film “Mamma mia!”, commenta la scomparsa dell’attore. Newman, aggiunge la Streep “mandava amore a ognuno di noi e ognuno di noi ora gli manda il suo amore… e un bacio”.


paul1

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