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“La classe” di Laurent Cantet

Più di due ore di estrema tensione, attenzione da parte dello spettatore massimamente calamitata, assoluta mancanza di noia o di ripetitività… caratterizzano il quarto film di Laurent Cantet, distintosi in passato con “Risorse umane” “A tempo pieno” e “Verso il Sud” e giustamente premiato al 61° Festival di Cannes (da più di vent’anni la Palma non andava a un film francese).

Critica entusiasta per questo piccolo gioiello:“Il risultato è molto bello… un film fresco e convincente” (Il Giornale), “…una messa in scena fluida e rigorosa. Cantet e Bégaudeau non avrebbero potuto fare di meglio” (Le Monde), “…un film appassionato e veritiero” (Il Corriere della Sera), “…è un gran film. E punta in alto. Un buon reality, onesto fino alle ossa” (L’Unità), “…un film che gronda verità, autenticità, energia” (La Repubblica)…

Lo stile è sempre quello per cui il regista è noto. Asciutto ed essenziale (ma meno asettico e freddo del solito), sobrio, privo di enfasi e retorica ma non avaro di sentimenti: questa volta Cantet non dimentica che il cinema è “anche” emozione.

Tratto dal diario del professor François Bégaudeau, qui co-sceneggiatore e perfetto interprete, “La classe” (che in Francia ha suscitato aspre polemiche ma è già campione d’incassi) è, come ha dichiarato Cantet, “un piccolo contenitore, un microcosmo, in cui analizzare accuratamente i problemi della nostra società”. In effetti è un film che coinvolge dalla prima all’ultima immagine, offrendo -senza alcuna ideologia precostituita- un quadro angosciante e angoscioso di una società giunta al limite, una società che si dirige alla deriva e in cui la speranza sembra essere completamente assente (ma forse non tutto è perduto… grazie a Platone).
Un film che tocca argomenti di strettissima attualità (il peso del crescere, il rapporto generazionale, il difficile inserimento in realtà diverse, l’autoritarismo e la democrazia, lo sconforto degli adulti, la ribellione dei giovani, l’importanza del rispetto reciproco, la problematica multietnica, il contrasto tra conservatorismo e progressismo, l’indispensabilità del dialogo nonostante tutto, le difficoltà di armonizzare situazioni sociali e culturali differenti…) e tutti in modo sorprendentemente non superficiale.
Un film che porta il pubblico a interrogarsi sulla realtà che ci circonda, a riflettere sulla propria esistenza e sui propri comportamenti, a mettere in discussione se stessi e i rapporti con gli altri.
Un film corale dove tutti gli innumerevoli personaggi hanno una loro ben individuata personalità, una specifica individualità, una approfondita caratterialità… ben rappresentata dai superlativi interpreti che andrebbero tutti citati e premiati.

“Un film di grande importanza, per gli interrogativi profondamente morali che solleva, per la descrizione che fa di un mondo sempre più difficile da comprendere” (Federico Gironi).
Un film che andrebbe proiettato in tutte le scuole, per discutere e analizzare cosa oggi sia la nostra vita.

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