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La crisi delle monosale

In occasione degli Incontri del cinema d’essai (conclusi il 9 ottobre) ad Asti si è fatto il punto sul pessimo stato di salute del nostro esercizio cinematografico, un vero e proprio grido d’allarme lanciato da più parti.

L’Anec fornisce cifre spaventose: 316 sale tradizionali hanno chiuso negli ultimi cinque anni. Fatto particolarmente grave considerando che esse prediligono proporre film di qualità e d’essai (le multisale tendono ad offrire prodotti standard e adatti al grande pubblico), e sono scelte da un pubblico che intende il cinema non solo come svago ed intrattenimento ma come nutrimento culturale.
Ormai il pericolo è di vivere in città inflazionate dalla presenza di banche, bar, supermercati, negozi di abbigliamento… e poco altro.
“Le zone urbane dove i cinema chiudono diventano piccoli deserti, quartieri dormitorio dove non esiste più un luogo di incontro qualificato” (Europa).
“Una città senza sale cinematografiche è una città cieca, è come un volto senza occhi” (Giuseppe Tornatore).
“Un vero e proprio crimine culturale” (La Repubblica).

Varie le cause che spiegano il triste fenomeno:
Il proliferare dei multiplex con la loro serie di innegabili comfort (dal parcheggio alla panineria, alla birreria, al ventaglio di offerte filmiche).
Il fatto che dopo appena 14 settimane il film possa uscire in home video.
La pirateria (
“Oggi la gente non aspetta più il passaparola che non nasce nemmeno. Se le persone sono curiose riguardo un film, se lo scaricano da Internet”, Luigi Lonigro).
La gestione della sala sempre più costosa.
La concorrenza della pay-tv, dei canali satellitari, delle distribuzioni nelle edicole, del noleggio.
La recessione economica (
“…l’elemento più rilevante è quello della crisi economica percepita dal pubblico in cui i consumi ludici vengono sacrificati”, Alberto Pasquale)
L’aumento dei costi produttivi e di acquisizione dei film.
Il prezzo spesso troppo alto del biglietto.
Gli affitti spesso ingestibili per gli esercenti.
L’inadeguatezza delle classiche sale
“alle esigenze attuali di un’utenza rivolta… a valutare la coreografia d’insieme” (Pierluigi Piromalli).
L’industria americana che
“a corto di idee, si affida con troppa leggerezza all’utilizzo di effetti speciali tralasciando la cura delle storie” (Gian Pietro Zerbini), cura generalmente più gradita dal pubblico adulto che frequenta di preferenza le monosale .


Come porre rimedio?
Una soluzione si sta sperimentando, sembra con successo, a Torino.

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