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“Un altro pianeta” di Stefano Tummolini

Lo scorso anno a Venezia le Giornate Degli Autori  ci avevano regalato quel piccolo gioiello de “La ragazza del lago” di Andrea Molaioli. Quest’anno il bis con il debutto low-cost di Stefano Tummolini, sceneggiatore de “Il bagno turco” di Ferzan Ozpetek e autore del romanzo “La guerra dei sessi”.

La giuria del Queer Lion Award (al Festival di Venezia premio collaterale organizzato da CinemArte e dedicato al miglior film con tematiche omosessuali) tra 15 concorrenti  lo ha premiato con la seguente motivazione:
“per l’apprezzabile rappresentazione di una galleria di personaggi con storie, vissuti, gioie, speranze, che attraverso sguardi, incontri di corpi, sesso, parole, musica, si conoscono, si confrontano, si amano e si lasciano. La vita insomma, in ‘un altro pianeta’”.

E’ la conferma che per realizzare un buon film non servono enormi capitali e grandi attrezzature: necessitano idee chiare e valide.
Entusiasta la critica: “Minuscola produzione, piccola rivelazione” (Repubblica); “…una linea narrativa molto pensata e strutturata” (35mm); “A Venezia, file e applausi” (Il Giornale); “Una bella sorpresa italiana” (Il Corriere della Sera”); “Un’opera umana e dolceamara” (My Movies); “Storia tenera e minimalista” (Il Mattino); “Piacevole, divertente, profondo” (Liberazione); “Un bel film… sull’identità umana” (Dnews) .

Un po’ Rohmer, un po’ Ozpetek, un po’ Zavattini, “Un altro pianeta” è un ottimo esempio di giovane cinema italiano indipendente (in gestazione per dieci anni e poi realizzato in digitale in pochi giorni e con meno di mille euro).

Un film onesto e sincero, semplice ed essenziale, lieve e ironico al punto giusto, gentile e dolcemente malinconico, molto vero e reale. Un film intimo e sensibile che ci salva dall’overdose di pretenziosi blockbuster con cui il grande schermo ci inonda sempre più spesso e in cui ogni spettatore potrà ritrovare i desideri le aspirazioni le aspettative le difficoltà le ambiguità le contraddizioni le malinconie la solitudine le banalità… di ogni individuo nella sua quotidianità.
Come sottolinea Federico Gironi, un film che evidenzia la “necessità della riscoperta e del recupero dell’amore (inteso in senso ampio ed esistenziale) e della tenerezza come chiave della vita e dei rapporti interpersonali”, rapporti che ci stimolano ad abbandonare la maschera con cui ci proteggiamo… “un tema centrale -ha dichiarato giustamente il regista- in un’epoca, quella televisiva, dominata dal travestimento”.
“Il travestimento” è in ognuno di noi:
“Un altro pianeta” lo mostra attraverso una galleria di personaggi il cui essere reale si disvela a piccole tappe, a minimi accenni: “un uomo minaccioso e rapace è in realtà l’ultimo dei romantici che si commuove ricordando Leopardi, una giovane acqua e sapone nasconde un terribile segreto, un intellettuale antipatico si scopre altruista, un attore esuberante si rivela un dannato egoista” (Il Messaggero).
Non sono le problematiche gay le protagoniste. Quanto accade nel film, quel che sente ogni personaggio, è attribuibile a ogni essere umano indipendentemente dal suo sesso ed è questa la forza del lavoro di Tummolini: siamo tutti uguali, abbiamo tutti bisogno l’un dell’altro.

Coinvolgente e senza tempi morti, grazie a una sceneggiatura mai banale che acquista spessore man mano che la storia procede, il lavoro si fa apprezzare anche per l’ottima fotografia, per l’appropriata e misurata colonna sonora (mai invadente), per il sapiente l’utilizzo della macchina, per la notevole prestazione dell’intero cast (tutti giovani attori di teatro).

Un encomio particolare al finale, intenso e struggente.

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