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Storia del Cinema – Cinema francese degli anni Venti

STORIA DEL CINEMA – CINEMA EUROPEO degli ANNI VENTI: Cinema Francese Anni Venti. Capitolo 2, parte 2. Continua con questa seconda parte del cinema europeo, dedicata al cinema francese degli anni Venti, il percorso fra reperti cinematografici di tempi passati. Un occhio alle produzioni della Francia, alle case di produzione Pathè e Gamont, all’ impressionismo, al ritmo delle inquadrature ed alcuni film e registi di rilievo.

2.2 Cinema Francese Anni Venti

Alla Francia è riconosciuto un ruolo di rilievo nella storia della nascita del cinema ma nonostante questo nel periodo degli anni Venti la situazione cinematografica francese è meno rose rispetto a quella tedesca e americana dello stesso periodo. Diciamo questo perchè la produzione francese degli anni Venti è decisamente minore in quantità rispetto a quella degli altri paesi citati. Le grandi case di distribuzione francesi, come la Pathè e la Gaumont che furono incisive nei primissimi anni del cinema, si dedicano a lavori meno rischiosi, con budget limitati, riducendo inoltre il quantitativo di prodotti. Tuttavia la situazione cinematografica francese gode al contempo dell’affermazione culturale del cinema. Sorgono Cineclub, manifestazioni, rassegne, dibattiti contribuendo a portare al cinema un’identificazione artistica e ad avvicinare a questo mondo gli intellettuali del tempo. Fondamentale è la ricerca svolta dal cinema d’autore francese, chiamato “impressionismo” o “avanguardia narrativa” o “première vague” che propone una riflessione sull’artisticità del cinema stesso, indirizzando alla discussione teorica. Questo cinema di progetti di film come arte vede fra i suoi autori Delluc, Gance, Dulac (che passerà poi all’avanguardia non narrativa) che lavorano sul valore estetico del cinema. Infatti il cinema viene considerato come un’ arte che dialoga con le altre arti e laddove rifiuta il teatro può trovare la pittura e la musica come elementi possibili. La musica in particolar modo presente un’analogia con il cinema,cinema considerato arte nel ritmo, nell’organizzazione degli elementi e nella loro combinazione creativa. Cito esattamente il libro:

“Il ritmo è il risultato di una sintesi tra il dinamismo interno all’inquadratura e la successione delle inquadrature”.

Clair afferma la capacità del cinema di “combinare armoniosamente il ritmo sentimentale dell’azione e il ritmo matematico del numero delle immagini”.  Lo stesso Clair rileva i tre fattori del ritmo nel cinema:” 1) La durata di ogni visione. 2) L’alternanza delle scene o motivi dell’azione. 3) il movimento degli oggetti registrato dall’obiettivo.  Gance invece definisce il cinema “musica della luce” facendo dei fattori luministici e dei loro movimenti e significati il centro dell’opera, con conseguente particolare attenzione al montaggio( che si occupa di creare il dinamismo nel tempo di ogni fattore). Ma il cinema francese del periodo si occupa anche di altre tematiche come la natura stessa dell’immagine filmica. Delluc infatti teorizza la “Fotogenia” indicandola come un una caratteristica specifica dell’immagine filmica. Il testo riporta Delluc: ” Definirò fotogenico ogni aspetto delle cose, degli esseri, delle anime che accresce la propria qualità morale attraverso la riproduzione cinemematografica”. La fotogenia è dunque insieme la qualità inatessa del visibile e la capacità di cogliere con immediatezza l’autenticità di gesti, persone, oggetti grazie alla caratteristica del cinema. Gli autori del cosiddetto “impressionismo” lavorano a progetti con una dicotomia interna che presenta una narrativa oscillante fra romanzo popolare e letteratura decadente. Opere che mostrano spesso drammi personali, e impossibilità di soddisfare propri desideri. Dal testo “I film più famosi raccontano storie obsolete con un taglio e un tono narrativo non poco datato”.  La rosa sulle rotaie di A.Gance è il racconto di un ferroviere e una bimba adottata che vede il primo portato ad un rapporto semi-incestuoso con la figlia adottiva, come sttolinea il testo: con non pochi accenni grotteschi. Ci sono però anche percorsi meno superficiali come Fièvre ( Febbre, Delluc, 1921 ), La souriante madame Beudet ( La sorridente madame Beudet, Dulac, 1933 ), La chute de la maison Usher ( La caduta della casa Usher, Epstein, 1928 ) tratto da Poe. Altre esperienze cinematografiche e sperimentazioni allargano gli orizzonti e le potenzialità del cinema affondando in variazioni del visibile con percorsi all’interno della psiche individuale. Fra questi vediamo citati ad esempio : La Folie du dr. Tube (La follia del dottor Tube, Gance, 1916), Eldorado e anche La souriante madame Beudet. Inoltre alcuni cineasti francesi affermano la loro identità autoriale e artistica all’interno della produzione nazionale. Abel Gance sperimenta sulle possibilità artistiche del cinema e su quelle più spettacolari con lavori di grande impegno economico. Vedi La rosa sulle rotaie (A.Gance) con un montaggio accelerato, ottenuto attraverso riprese veloci e tramite un montaggio con segmenti sempre più brevi che donano un particolare ritmo dinamico e veloce. Altro lavoro di mastodontica produzione di Gance è Napoléon ( Napoleone, 1927 ) e raffigura e narra una fetta di storia francese che vede la nascita, la crescita e le battaglie più importanti del Napoleone oltre che dare spazio anche alla sua storia individuale. Gance calca la mano sulla spettacolarità delle scene di massa, e lì si fa anche significativo. Per esaltare le grandi panoramiche inventa il “trittico”, cioè un enorme schermo triplo composto da tre inquadrature collegate, una accanto all’altra ( vedi Battaglia di Merengo ). Altra figura che il libro non lascia nell’oscurità è Marcel L’Herbier che realizza significative interazioni con le altre arti, con un occhio particolare al modernismo artistico, in quanto, nel suo cinema articolato, tenta di dare adito alla sua idea di un cinema come arte della modernità.  Herbier compie sperimentazioni sulle possibilità comunicative del cinema e su di una nuova sintesi artistica dello stesso. L’Herbier intensifica il dinamismo visivo con grande capacità, soprattutto nella sequenza dell’esperimento di resurrezione nel film Futurismo. Sequenza che offre una sintesi significativa dello spirito e del progetto artistico del film.  “Il montaggio accelerato da l’idea dell’ipermodernità dei procedimenti tecnologici impiegati per far rivivere Claire Lescot, l’inhumaine”. “La diversificazione delle immagini, uso dei dettagli, variazioni luministiche, il ricorso alla tintura e al viraggio, mostrano la forza espressiva e dinamica del cinema. Il laboratorio fantascientifico, progettato da Léger, costituisce un concentrato di gusto modernistico e meccanomorfo e rappresenta la prospettiva futuribile del film”. Dopo Il Fu Mattia Pascal ( 1925 ) dedicato all’illibertà dell’esistenza, L’Herbier crea L’argent ( Il denaro, 1929 ). Un’ opera impegnativa che presenta i meccanismi del potere economico e i conflitti che ne derivano.  Indubbia suggestione visiva delle grandi scenografie. Herbier lascia da parte la ricerca sul montaggio per rafforzare la narrativa e al contempo gli effetti spettacolari, promotre di una grande ricerca in tal senso. Jean Epstein ricerca altrove nel cinema:  regista, teorico, scrittore parla di “lirosofia”,”confluenza di conoscenze diverse”. Quello di Epstein è un cinema che si dedica alle dinamiche della psicologia dei personaggi e ad una ricerca nei loro stati d’animo, immergendo al contempo l’uomo negli oggetti e nel paesaggio e studiando questa interazione fra antropomorfo e oggettuale. Film di personaggi sfuggenti, in crisi, e mutevoli. Film come : Coeur fidèle (Cuore fedele, 1923 ), La belle nivernaise (La bella nivernese, 1924).  La glace à trois faces ( Lo specchio a tre facce, 1927) da invece tre immagini di uno stesso personaggio contrapposte a tre punti di vista di tre donne. Invece film come Finis Terrae (1929) e Mor’ Vran ( Il mare dei corvi, 1929) sono film che lavorano sulla verità dell’immagine, andando oltre il film a soggetto e al documentario, elogiando la natura e il mare. In questa direzione troviamo anche dalla metà degli anni venti autori come Cavalcanti e Kirsanoff che puntano ad inventare un nuovo cinema capace di realizzare una perfetta sintesi ra finzione e documentario, riprese dal vero e innesti ri parti recitate. Citiamo di Kirsanoff il film Menilmontant ( 1925 ) che prosegue la ricerca nella tendenza all’azzeramento della funzione narrativa. Alberto Cavalcanti non si muove sempre troppo lontano da Krisanoff nel film En rade ( In rada, 1926 ) facendo del cinema “uno strumento di rivelazione del ritmo delle cose” mescolando piccole tracce narrative a un flusso di imaggini colte dal vero. Con Rien que les heures ( 1927 ), Cavalcanti realizza un’ opera dedicata a Parigi che si sviluppa per flussi, sommando segmenti della vita della metropoli a immagini della città, situazioni reali.  Dal testo

“Il film è una sorta di organizzazione dell’ impalpabile, composizione di materiali differenti, apparentemente casuali, di scarti, di dettagli, di bradelli di narrazione, intrecciati pre creare un continuum della casualità e dell’irrilevanza”.

Contro la funzionalità e la produttività metropolitana, Cavalcanti segue i processi marginali, le immagini disperse, gli itinerari anomali e immotivati. Cavalcanti, Krisanoff, come anche G. Dulac nei primi anni venti, si muovono su di un terreno cinematografico complicato e difficile, tra cinema narrativo e d’avanguardia, che purtroppo non ha il successo sperato.

Fonte: CineOcchio

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Postfazione
Per questo esperimento mi cimenterò mano a mano in un riassunto, obbligatoriamente semplificato, ma mi auguro non troppo semplicistico, di quella che è la Storia del Cinema. Sarà un lavoro più accademico che riflessivo e soggettivo, per fornire linee guida basilari e un’idea generale della Storia del Cinema. Importante: Questo verrà svolto leggendo e rielaborando gli scritti accademici di riferimento (secondo i programmi delle università con indirizzi di studio relativi al cinema), anche riportando testualmente il libro, seguendolo pagina per pagina, paragrafo per paragrafo e capitolo per capitolo, ma senza dare, se non occasionalmente, nuove interpretazioni. Si riportano appunto solo concetti assimilati dopo la lettura del testo e soprattutto scopiazzando e citando il testo stesso nell’intento di riassumere i concetti essenziali, alla base della materia trattata. Questi riassunti non possono certo sopperire al testo di riferimento che consiglio di acquistare per la sua validità e utilità insostituibile. Riflessioni e appunti, correzioni e dibattiti, potranno poi essere intrapresi dall’utenza interessata con i commenti. Chi interessato potrà poi approfondire acquistando i testi di riferimento. In ultimo, il Lavoro non ha pretese di sorta, se non quella di fornire un appunto ulteriormente semplificato con l’aggiunta sparsa di qualche considerazione personale e riflessione.

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