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Storia del Cinema – Cinema sovietico anni Venti

STORIA DEL CINEMA – CINEMA EUROPEO degli ANNI VENTI: Cinema sovietico degli anni Venti. Capitolo 2, parte 3. Continuiamo il percorso nella storia focalizzandoci sul cinema russo del tempo, l’ Ottobre delle arti, il cine-pugno, il montaggio, lo sguardo meccanico, registi come Pudovkin, Kulesov, Ejzenstejn, Vertov e con un occhio ad alcuni film di rilievo.

2.3 Cinema Sovietico degli Anni Venti

Il Cinema sovietico degli anni Venti è costituito da un grande sviluppo sia sotto l’aspetto filmico sia sotto l’aspetto del cinema teorico seppur la situazione storica del paese veda l’unione sovietica in un contesto di miseria e governata dal partito unico comunista bolscevico russo. Un nome citato in primis sul testo è Lunacarskij, predecessore di Stalin, citato per l’ ampia sperimentazione consentita anche se sempre all’interno della rivoluzione comunista. Infatti nel periodo ricorre l’espressione “L’Ottobre delle arti, cioè un lavoro intellettuale ed artistico omogeneo e correlato alla rivoluzione d’Ottobre. L’Ottobre delle arti implica un cambiamento nell’arte stessa e nella concezione, e nel ruolo, dell’artista. I più tradizionalisti si limitano a iconizzare un’ arte realista dai contenuti ideologici predefiniti e propagandistici mentre altri intellettuali ed artisti pensano a espressioni più innovative. Nel grande Ottobre delle arti confluisce anche il cubo-futurismo (di Majakovskij e di Krucenych ) ma non solo: troviamo anche il progetto di trasformazione della poesia e l’avvento dell’immaginario della modernità e anche l’affermazione di una sorta di lingua transmentale Inoltre sono individuabili tante esperienze che vedono l’uomo avvicinarsi alla macchina, alla biomeccanica, al costruttivismo che vanno a sfociare, fra l’altro, nella rappresentazione della nuova realtà delle fabbriche sovietiche. Inoltre troviamo nel periodo anche le teorie del “ProletKult”, a cui è legato inizialmente Ejzenstejn, che ricercano e propongono forme artistiche e spettacolari strettamente legate al proletariato. Tutto l’insieme di teorie, esperimenti, esperienze intellettuali ed artistiche, si riversa nello spettacolo: nel teatro e poi nel cinema.  Molti dei registi cinematografici sovietici di questo periodo vengono da altri settori artistici ( o meno) come il teatro, Pittura, Musica, e influenzati da teorie intellettuali applicabili ad ogni arte. Vertov viene da una formazione musicale ed è influenzato dal futurismo italiano e dal costruttivismo. Ma, il testo ci fa notare, il cinema influenza anche le altre arti e così la stessa riflessione estetica. Il cinema di Vertov suggerisce l’affermarsi della Fattografia ed Ejzenstejn diventa un punto di riferimento per tutte le teorie di innovazione artistica. La caduta di Lunacarskij e la presa sempre maggiore di potere da parte di Stalin riducono l’ autonomia degli artisti e intellettuali. Dunque meno ricerca artistica e nel 1929-1930 la ricerca nel campo si tronca quasi completamente per indirizzare tutta la produzione sovietica all’interno degli standard richiesti a favore del realismo socialista. Ciònonostante l’intervento statale non ferma del tutto le sperimentazioni successive, pur avendole inizialmente rallentate. Lev Kulesov Lev Kulesov è considerato una sorta di pionere. Kulesov dirige infatti, all’inizio degli anni Venti, la Scuola Statale di Cinematografia (in cui si formano tra gli altri Pudovkin e Barnet) e compie diversi esperimenti sostanziali sul montaggio cinematografico. Ad esempio combina il volto di uno dei grandi attori del cinema Zarista ( Mozzuchin ) con l’inquadratura di una minestra o di una bara o di una bambina che gioca, mostrando come sia l’accostamento delle inquadrature, e la loro correlazione visiva, a produrre significato e soprattutto a dare senso alle immagini. Inoltre compie esperimenti montando in sequenza inquadrature girate a Mosca e materiale di repertorio della Casa Bianca a Washington ottenendo un effetto di omogeneità spaziale immaginaria. Un’altra citazione pari pari dal testo, di grande sostanza: “La sua idea ( di Kulesov ) di montaggio è centrata sulla funzionalità narrativa, ma riflette anche l’idea costrutttivista di realizzare un film secondo gli stessi principi tecnico-scientifici con cui un ingegnere compie il suo lavoro”. Da artigianale a industriale. Il cinema di Kulesov poi si avvale di diverse strutture narrative identificabili nel Burlesque e grottesco, miscelato a un falso spionistico-poliziesco in taluni casi (vedi Le Straordinarie avventure di Mr West nel paese dei bolscevichi, 1924),però avvalendosi anche di meccanismi narrativi più tradizionali e drammatici. Vsevolod Pudovkin
Pudovkin, regista-attore e allievo di Kulesov, è stato da molti critici di sinistra considerato un esempio di cineasta sovietico realista, fedele alla linea del partito. Gli scritti di Pudovkin sul montaggio e regia presentano una riflessione sull’importanza del montaggio concepito in funzione della narrazione, come successione di elementi omogenei accumulati come tanti “mattoni”, secondo la versione polemica di Ejzenstejn. Per Pudovkin il montaggio può anche arrichire la narrazione con inserti analogici e comparativi. Un’idea di narrazione epica, costruita e organizzata attorno al modello della presa di coscienza di un personaggio popolare. Film come La Madre (1926), Tempeste sull’Asia (1928), La fine di San Pietroburgo (1927) sviluppano una struttura relistico descrittiva funzionale alla proposta di un messaggio politico/ideologico, ricorrendo anche a soluzioni di montaggio analogico ( come la liberazione delprigioniero e il ruscello di montagna.  Pudovkin diventa poi, nel periodo del realismo socialista, uno degli esponenti del cinema di regime assieme a Georgij e Sergej Vasil’ev, a Kozincev, Donskoj e con il famigerato Ciaureli ( specialista nel culto della personalità di Stalin ).
Sergej M. Ejzenstejn Se Pudovkin è più un regista dedito a film di partito, Ejzenstejn si colloca al suo opposto come uno degli autori più rivoluzionari, rappresentando il vertice del cinema sovietico. In Ejzenstejn confluiscono le ricerche del nuovo teatro di Mejerchol’d, dell’eccentrismo e della biomeccanica e inoltre della sperimentazione del cubo-futurismo di Majakovskij e Chlebnikov, delle analisi di linguaggio e dell’impegno rivoluzionario del Proletkult, di cui abbiamo accennato in precedenza.  In Ejzenstejn c’è una particolare attenzione alla letteratura russa ed europea dell’Ottocento e del Novecento, da Puskin a Joice. Grazie a tutto questo Ejzenstejn possiede un potenziale teorico e critico di un certo livello che lo porta a sviluppare le teorie del cinema rivoluzionario degli anni Venti, tra estetica e poetica, e alle riflessioni complesse sul cinema del periodo degli anni Trenta e Quaranta. Per Ejzenstejn l’Ottobre del cinema comporta una pratica formale atta a cancellare la consolidata tradizione artistica borghese, ispirata invece al punto di vista della fabbrica e del proletariato. Per Ejzenstejn l’arte è una pratica sociale determinata capace di organizzare stimoli, idee, modi di pensare e emozioni, oltre che influenzare ideologicamente il pubblico. Ejzenstejn schiera, contro il cine-occhio di Vertov, il Cine-Pugno, considerando l’arte come “innanzitutto un trattore che ara a fondo la psiche dello spettatore in una data direzione classista” e la regia come “L’organizzazione dello spettatore attraverso un materiale organizzato”. Ejzenstejn ipotizza, ne Il Montaggio delle Attrazioni spettacoli costruiti su una combinazione per contrasti di attrazioni. Combinazioni che si traducono in “ogni momento aggressivo dello spettacolo capace di provocare una reazione psico-sensoriale nello spettatore in vista di una finale conclusione ideologica”. Si sottolinea così la necessità di creare una comunicazione che sia capace di colpire lo spettatore e di farlo uscire da sè in un processo di presa di coscienza (Estasi o Ek-stasis). Per Ejzenstejn è dunque possibile, attraverso attrazioni intellettuali, inventare una scrittura visivo-dinamica fortemente innovativa e intessuta di aggressioni allo spettatore, cariche di componenti intellettuali e capaci di comunicare idee. Questo non esclude però la parte emozionale: il pathos, le emozioni e le idee si fondono nell’ eksatis. Citando Ejzenstejn: “Si tratta di far sbocciare emozionalmente l’astrazione di una tesi”. Nella direzione di queste sue teorie Ejzenstejn attribuisce un’ importanza fondamentale al montaggio. Il Montaggio gode di una considerazione assoluta in quanto permette la trasformazione dei materiali in coerenti strutture rappresentative, comunicative ed espressive. Ejzenstejn scrive diversi saggi sul montaggio, i suoi più innovativi sono quelli dell’anno 1929.  Sul libro di testo ne cita una parte che vado a riportare. Con la combinazione di due rappresentabili diviene così la notazione di qualcosa che graficamente è irrappresentabile… Ma questo è montaggio! Si, è la stessa cosa che facciamo nel cinema quando mettiamo in rapporto certi fotogrammi che appaiono univoci sotto il profilo rappresentativo e veritieri per quanto riguarda il senso, in contesti e sequenze sensati. Metodo e procedimento inevitabili in qualunque esposizione cinematografica. E in forma condensata e purificata, punto di partenza per il cinema intellettuale. Il testo continua: “La copulazione” di due figurabili “non è la loro somma, ma il loro prodotto” e garantisce la produzione di un senso ulteriore che non era presente nelle singole imagini: “una risultante che trascende entrambi (un concetto)”. L’ accostamento di due inquadrature non deve avvenire per accumulazione e omogeneità, come pensa Pudovkin, ma per contrasto, scontro, disomogeneità, secondo Ejzenstejn. Il montaggio è “conflitto”. Il montaggio è “un pensiero che trae origine dallo scontro di due pezzi, indipendenti l’ uno dall’altro”. L’ inquadratura è pensata quindi come un elemento solamente, e che viene poi superato nel processo di montaggio dando vita ad una forma più complessa e significante. Come una “cellula di montaggio”. Ejzenstejn indica il montaggio intellettuale descritto fino ad ora come una delle possibilità più elevate del cinema ma teorizza anche, nel 1929, altri tipi di montaggio. dal più semplice al più complesso: montaggio metrico, ritmico, tonale, armonico e intellettuale. Film di Ejzenstejn
Le teorie di Ejzenstejn sorgono dallo sviluppo pratico-artistico-sperimentale dei suoi lavori: Sciopero (Stacka, 1925), La corazzata Potemkin (Bronenosec Potemkin, 1925), Ottobre (Oktjabr’, 1928).Sciopero è un film stratificato che raccoglie diverse opzioni innovative. Ejzenstejn cerca di porsi al di là della dialettica fra un film a soggetto e film senza soggetto per affermare l’idea di un cinema fatto di situazioni collettive e non individuali, in cui spicca la massa di operai e non il singolo, la collettività proletaria e non l’individuo.Costruendo inoltre situazioni di scontro sociale, ricorrendo anche alle procedure del burlesque per delineare un tessuto sociale disgregato, soggetto ai ricatti dei padroni.  Il Finale del film rappresenta, attraverso la tecnica del montaggio alternato, uno degli esempi più aggressivi ed efficaci di montaggio delle attrazioni, mediatente il coordinamento della serie di inquadrature del massacro della polizia zarista con le immagini del macello dei buoi. A questo modo si ha dalle immagini una forza espressiva e di denuncia assicurata dal montaggio analogico e attrazionale. La corazzata Potemkin costruisce invece grandi sequenze di montaggio dinamico-patetico (la repressione sulla scalinata di Odessa), e di orchestrazione tonale della visione e delle emozioni dello spettatore (le nebbie del porto, i funerali). Nel testo cita la famosa sequenza della scalinata, dandole atto della meritata fama, sottolineandone la maestria drammatica dell’organizzazione del visibile e della tensione emotiva, realizzata grazie a straordinarie tecniche di montaggio e di ripresa. Ejzenstejn parte dal principio di mostrare più azioni dal medesimo punto di vista (ideologico) e insieme sviluppa molteplici visioni. Coordina punti di ripresa diversi, dettagli di grande forza visiva, gesti di differente intensità drammatica e piani diversi delle immagini per costruire un’eruzione di Pathos capace di toccare lo spettatore. Le inquadrature sono poi caratterizzate da estrema brevita al crescere progressivo del ritmo. Ottobre costituisce una radicale esperienza di sperimentazione. Elabora modi particolari e complessi di costruzione del significato. Dice ancora giustamente il libro: E’ il film per eccellenza del montaggio intellettuale che sviluppa tecniche diverse di produzione del senso, per comunicare direttamente e con forza delle idee. Il testo porta esempi: La distruzione e la ricostruzione della statua dello zar che sintetizza concettualmente la caduta del regime zarista e poi il colpo di stato del filomonarchico generale Kornilov. Il montaggio dialettico di un Kerenskij che sale le scale senza fine in un delirio di onnipotenza… Sono tutte immagini impregnate di idee capaci di comunicare un concetto attraverso la forma visiva. Straordinario. Sul testo viene riportato un altro succoso esempio, uno dei più radicali di sperimentazione del montaggio intellettuale, cioè quello della sequenza degli idoli: Ejzenstejn mostra una serie di simboli religiosi, dapprima cristiani e di fattezza artistica, poi pagani, primitivi ed elementari, con l’intenzione di comunicare l’idea di un imbarbarimento e di una degradazione della religione che diventa uno strumento ideologico nelle mani del generale Kornilov. L’ultimo film degli anni Venti di Ejzenstejn incontra l’intervento repressivo di Stalin che impone variazioni al film, oltre che il cambiamento del titolo da La linea generale a Il vecchio e il nuovo. La stagione della ricerca e del cinema intellettuale è ormai finita.

Dziga Vertov
Dziga Vertov opera differentemente da Ejzenstejn sviluppando una pratica sperimentale assieme ad un’ attività teorica e polemologica (Da dizionario: studio della guerra dal punto di vista militare  trattatistica sull’arte della guerra o branca della scienza politica che studia le guerre nelle loro relazioni con i fenomeni e i processi sociali e con le istituzioni politiche). Vertov elabora così il progetto più radicale di Ottobre del cinema integrando teoria e pratica. Scrive manifesti nello stile dell’ avanguardia e con un occhio al futurismo italiano e al costruttivismo organizzando allo stesso tempo il gruppo dei Kinoki, impegnati a documentare la realtà sovietica e il socialismo. Vertov esalta le potenzialità dello sguardo meccanico e della macchina da presa “Punto di partenza: l’uso della macchina da presa come cineocchio molto più perfetto dell’occhio umano, per esplorare il caos dei fenomeni visivi che pervadono lo spazio”. La struttura meccanica ha capacità superiori a quella dell’uomo. “Io sono il cineocchio, io creo un uomo più perfetto di quello creato da Adamo”. Vertov riprende l’anti-artisticità e anti-tradizionalità del costruttivismo (Da dizionario: arte, movimento d’avanguardia figurativo, musicale e letterario sorto in Russia dopo la rivoluzione del 1917, caratterizzato dalla ripresa di alcuni motivi del futurismo e dalla ricerca di una nuova definizione dei concetti di spazio e movimento) e attacca duramente il cinema narrativo e spettacolare. “Il cine-dramma è l’oppio dei popoli”. Secondo Vertov il cinema è uno strumento potentissimo capace di asservire le classi subalterne, alienando il pubblico. Vertov pensa e crea un cinema non recitato costruito tramite immagini-fatto dedito a “cogliere la vita alla sprovvista”, un cinema che propone la percezione del mondo in quanto tale, contro ogni spettacolo. Questa idea riflette un punto di vista politico e si propone di oggettivare il punto di vista del proletariato. Vertov intende realizzare un’ organizzazione del mondo visibile attraverso una pratica di montaggio della realtà oggettiva e di strutturazione interpretativa dei fenomeni visibili. Anche qui il montaggio gioca un ruolo decisivo. Per Vertov infatti il montaggio è la totalità del processo di realizzazione di un film, e non una composizione di inquadrature in un progetto comunicativo basato su di una sceneggiatura. “Il cineocchio: è io monto quando scelgo il soggetto […] io monto quando osservo l’oggetto […] io monto quando stabilisco l’ ordine di successione del formato sull’oggetto”. Allo stesso tempo il montaggio è anche “una correlazione visiva di piani, degli scorci, dei movimenti all’interno delle inquadrature, dei chiaroscuri, della velocità di ripresa”. Film come Sestaja cast mira (t.l. La sesta parte del mondo, 1926), Odinnadtsatyj (L’undicesimo, 1928), Simfonija Donbassa. Entuziazm (t.l. Sinfonia del Donbass. Entusiasmo, 1930), documentano il socialismo sovietico come uno sviluppo, riorganizzazione del lavoro, industrializzazione attraverso riprese, in forme e modi diversi, di una complessa articolazione di fenomeni viventi. Ne L’undicesimo troviamo lunghe sequenza dei lavoratori in fabbrica come tante sinfonie significative sul lavoro. Sul testo però devia subito verso altri due film di Vertov, molto più sperimentali e più significativi che attuano una ricerca sulel potenzialità tecnico-linguistiche del cinema e sul suo stesso statuto.  Un film è Kinoglaz (t.l. Il cine-occhio, 1924) dove troviamo una ricca dose di sperimentazione, nel quale Vertov elabora diversi modi di organizzazione del visibile, mostrando segmenti molteplici della realtà, utilizzando proiezioni all’indietro, il ralenti, angoli di ripresa anomali in un insieme altamente sperimentale. Ma è il film L’uomo con la macchina da presa (Celovek s kinoapparatom, 1929) a costituire, grazie a Vertov, uno dei picchi del cinema sovietico: una delle opere più ricche e il film sul cinema per eccellenza. Vertov descrive in questo film la giornata di un kinok-operatore. Montaggi rapidi, ritmo nel montaggio, sovraimpressioni, schermi divisi, riprese in velocità e altri effetti garantiscono la varietà delle percezioni del mondo del visibilee mostrano le potenzialità della messa in scena. Assieme il film mostra il lavoro della macchina da presa e la capacità dell’occhio del cinema di registrare il reale effettuando un’articolata dialettica fra la macchina da presa e l’oggetto della ripresa. Come tanti altri, negli anni Trenta Vertov è poi costretto a ricondurre la propria attività artistica nell’ambito della propaganda politica, sotto il culto di Stalin e Lenin con film come Tre canti su Lenin (Tri pesni o Lenine, 1934) in un elogio piatto e retorico dell’attuazione del socialismo. Il testo conclude: Il regime staliniano non intendeva perdonargli la sperimentazione e la libertà di ricerca degli anni Venti.

Fonte: CineOcchio

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Postfazione
Per questo esperimento mi cimenterò mano a mano in un riassunto, obbligatoriamente semplificato, ma mi auguro non troppo semplicistico, di quella che è la Storia del Cinema. Sarà un lavoro più accademico che riflessivo e soggettivo, per fornire linee guida basilari e un’idea generale della Storia del Cinema. Importante: Questo verrà svolto leggendo e rielaborando gli scritti accademici di riferimento (secondo i programmi delle università con indirizzi di studio relativi al cinema), anche riportando testualmente il libro, seguendolo pagina per pagina, paragrafo per paragrafo e capitolo per capitolo, ma senza dare, se non occasionalmente, nuove interpretazioni. Si riportano appunto solo concetti assimilati dopo la lettura del testo e soprattutto scopiazzando e citando il testo stesso nell’intento di riassumere i concetti essenziali, alla base della materia trattata. Questi riassunti non possono certo sopperire al testo di riferimento che consiglio di acquistare per la sua validità e utilità insostituibile. Riflessioni e appunti, correzioni e dibattiti, potranno poi essere intrapresi dall’utenza interessata con i commenti. Chi interessato potrà poi approfondire acquistando i testi di riferimento. In ultimo, il Lavoro non ha pretese di sorta, se non quella di fornire un appunto ulteriormente semplificato con l’aggiunta sparsa di qualche considerazione personale e riflessione.

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