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Ultimatum alla Terra (2008) di Scott Derrickson

L’idea di un remake di Ultimatum alla Terra, piccolo capolavoro del 1951 diretto da Robert Wise, risale al 1994. Che Keanu Reeves dovesse interpretare il ruolo di Klaatu, alieno pacifista ma disposto a sterminare la razza umana pur di mantenere l’equilibrio universale, è stato praticamente deciso subito (e bisogna dire che, contrariamente ad ogni pregiudizio, la scelta non è stata poi così sbagliata).
Subito si è anche capito che la preoccupazione che ha spinto negli anni ’50 gli abitanti dello spazio a farci visita doveva essere aggiornata.


La minaccia nucleare, sebbene i conflitti siano ancora all’ordine del giorno, non esiste più (almeno così si dice), come anche i prodromi del secondo conflitto mondiale.
Rimangono il riscaldamento globale, e la poca considerazione nei confronti di madre natura, che ci ha donato uno dei pochi ecosistemi in grado di ospitare la vita.
Si è optato per questo, per la salvezza del pianeta a discapito di una delle razze più distruttive dell’universo.
Certo, come presa di coscienza è sicuramente meno eclatante. Negli anni ’50 la paura era si quella di poter distruggere noi stessi, ma fondamentalmente era il cosmo ad attuare la sua strategia preventiva, convinto che una volta raggiunti potenza e progresso scientifico la nostra brama di potere avrebbe insidiato altri pianeti.
Ma basta guardare poco oltre il nostro naso per rendersi conto di quanto questo concetto sia ancora terribilmente attuale (forse anche decuplicato, pensate se dovessimo scoprire altri mondi in grado di fornire fonti di energia), quindi la prima cosa da chiedersi è perché si sia voluto cambiare il senso di un film che ha rappresentato moltissimo proprio per il messaggio di cui si è fatto portavoce, trasformandolo da pacifista a ecologista.
Una cosa che inevitabilmente toglie alla storia gran parte del suo fascino, trasformandola in una ramanzina New Age poco incisiva.

Detto questo bisogna però anche rendergli i giusti meriti, che principalmente sono racchiusi in una confezione che non fa rimpiangere l’originale, tanto è classica ed in linea con la povertà (in questo caso mascherata, visto il budget altissimo) di mezzi dell’epoca. Questo se si esclude il finale apocalittico, unica vera grande differenza con il film di Wise e unica vera cosa inutile; ma è anche vero che, oggi come oggi, se non si piazza qualche catastrofe all’interno di una storia (non solo) fantascientifica si rischia la delusione del pubblico.
Sempre a favore del film si può tirare in ballo la sua scorrevolezza, poco più di un’ora e mezza in fin dei conti piacevole.

Per quanto riguarda l’immancabile gioco delle differenze, niente “Klaatu, Barada, Nikto!” questa volta;
Si è deciso di dare alla storia un prologo superfluo;
Meno marcata la componente religiosa (e quando è presente si limita a banali allusioni);
Il bambino protagonista (Jaden Smith, figlio di Will Smith) è odiosissimo;
La terra si ferma – da qui il titolo originale – alla fine del film e non all’inizio;
Ma soprattutto niente monologo finale da parte di Klaatu.
Questo equivale a dire niente Ultimatum.

Consulta tutte le informazioni sul film nella nostra SCHEDA

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2 commenti a Ultimatum alla Terra (2008) di Scott Derrickson

  • Filippo Magnifico
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    Hai assolutamente ragione, l’opera di Wise è inarrivabile. E’ anche vero però che, vista l’ondata di remake che ha invaso il grande schermo negli ultimi anni, il film di derrickson non è poi così male.
    Dovendo per forza dargli un voto (cosa che odio) un cinque e mezzo lo strappa.
    Certo, molte cose sembrano buttate lì a caso, ma si è fatto di molto peggio.
    Carpenter ne sa qualcosa…

  • GD Star Rating
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    Il bel film del 1951 del grande Robert Wise è nella memoria di tutti gli appassionati del genere (anche perché era uno dei rari casi, negli anni Cinquanta, di “fantascienza di sinistra” che invece di paventare il pericolo rosso inneggiava al pacifismo: grande coraggio nell‘opporsi alla guerra fredda e al maccartismo con la sua paranoica caccia alle streghe ).
    L’attuale remake non ne possiede la forza incisiva e si riduce al solito giocattolone hollywoodiano.
    Nessi logici sconclusionati, psicologie alquanto approssimative ed improbabili, dialoghi stereotipati che definire banali è poco, vicenda piatta e prevedibile, didascalismo eccessivo, conclusione troppo veloce e scarsamente interessante, eccesso di spot pubblicitari che andavano evitati… rendono lo spettacolo una vera e propria occasione sprecata.

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