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Recensione: Romanzo Criminale (2005) di Michele Placido

RECENSIONE: Romanzo Criminale (2005) di Michele Placido. Sui teleschermi satellitari imperversa da Novembre l’omonima serie televisiva realizzata da Sky: nulla da eccepire dal lato formale e tecnico ma… una serie che brilla per mancanza di tensione e di suspense, troppo diluita in eccessivi episodi ripetitivi, monotoni e monocordi (1).
Meglio allora rivedersi il film originale (2) di Michele Placido, incoronato nel 2006 da 8 David di Donatello, 5 Nastri d’Argento, 2 Ioma. Ecco quanto scrissi all’uscita del film.

Un ritorno alla grande per Michele Placido, dopo gli esiti deludenti delle sue ultime fatiche (scivolate, come ha sottolineato più di un critico, nei terreni paludosi dell’autorialità esistenziale) Un viaggio chiamato amore (2001) e Ovunque sei (2004): Romanzo Criminale è tra i film italiani più costosi della stagione ( 8 milioni di euro) e ha raggiunto un incasso di quasi 1 milione di euro durante il primo fine settimana di uscita.
Non dev’essere stato agevole condensare le 632 pagine del libro di Giancarlo De Cataldo e sintetizzare quindici anni di gesta criminose. Ma l’impresa si può dire complessivamente riuscita.

romanzocriminalelocandinaLa meticolosa descrizione dei componenti della banda della Magliana (nascita formazione apoteosi e morte), l’analisi corale delle loro imprese, della loro ascesa e caduta, richiama immediatamente il migliore cinema d’oltreoceano (Hawks, Coppola, Scorsese, De Palma…) e la capacità (come ha scritto il “Corriere della Sera”) “di far sentire allo spettatore che quei delinquenti non sono degli alieni, ma dei nostri simili le cui scelte aberranti nascono sul terreno di un’umanità comune”. Ma la visione di Placido è più cinica e pessimista (l‘happy end naturalmente manca).

Sfuggendo alla cosiddetta “sindrome delle due camere e cucina” (l’incapacità del nostro cinema di andare oltre la piccola e ripetitiva storiellina, che è possibile raccontare senza scomodare tematiche di grande rilevanza e soprattutto esosi mezzi produttivi) Michele Placido ha realizzato un film storico, un’opera di denuncia sociale e politica, un poliziesco amaro e furioso: sparatorie, erotismo, bische, cocaina, amicizia virile, imboscate, servizi deviati e tante canzoni d’epoca a scandire il passare del tempo. Un film duro, angoscioso, quasi claustrofobico (l’obiettivo della macchina da presa è spesso incollato ai volti dei protagonisti, mentre Roma è raffigurata come una città buia e cupa) anomalo nella corrente cinematografia italiana e che rimanda non solo al modello americano ma alla nostra grande tradizione, da Rosi a Petri.

Difetto dell’opera è l’eccessiva lunghezza: la prima parte presenta lungaggini e ripetizioni che si potevano evitare, comportamenti e mentalità non sufficientemente definiti e carenza di pathos. L’ultima ora è quasi perfetta: l’affresco dei caratteri è più adeguato, screziato ed antimanicheo; i personaggi acquistano uno spessore umano e una profonda drammaticità esistenziale senza ricorrere a psicologismi posticci e scorciatoie macchiettistiche, il coinvolgimento emotivo dello spettatore è completo.

Onore al merito all’intero cast che vede riunito quasi tutto “il meglio” del nostro cinema. Una lode particolare a Pierfrancesco Favino, Anna Mouglalis, Gianmarco Tognazzi e soprattutto a Kim Rossi Stuart (eccezionale come e più del solito).

Consulta tutte le informazioni sul film nella nostra SCHEDA

Note:

(1) bustibandamagliana2 La serie televisiva  è stata preceduta, il 15 ottobre 2008, da una campagna di marketing che ha visto, per un giorno, protagonisti, quattro busti ritraenti i componenti della banda della Magliana: Una trovata pubblicitaria di “cattivo gusto”. Questo il parere condiviso di quanti ieri mattina si sono fermati a osservare i 4 busti di polistirolo raffiguranti i boss della banda della Magliana esposti di fronte al palazzo della Civiltà del Lavoro, all´Eur (Repubblica).

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