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Recensione: Anamorph (2007) di Henry S. Miller

AnamorphRECENSIONE: Anamorph (2007) di Henry S. Miller.
Se, tra tutte le azioni umane possibili, ce n’è una che evoca l’esperienza estetica del sublime, di certo si tratta dell’omicidio”. A dirlo è stato Joel Black, professore di letteratura dell’Università della Georgia. Un principio che sembra essere stato preso alla lettera da Henry S. Miller all’interno di questo lungometraggio, purtroppo con esiti abbastanza deludenti.

Cos’è successo al genere Thriller negli ultimi anni? Assolutamente niente. Questo non vuol certo dire che le cose vadano bene così come sono, anzi, l’essersi adagiato su se stesso non ha fatto altro che contribuire alla nascita di una serie di titoli mediocri (con le dovute eccezioni ovviamente), il cui unico merito è quello di riuscire ad aumentare l’importanza dei vecchi classici di genere.
Benché caratterizzato da un plot interessante, Anamorph non è certo da meno.
Cos’è che non funziona? La sua estetica “Fincheriana” piena di chiaroscuri, bella ma terribilmente vuota. L’assenza di una storia forte, capace di coinvolgere e terrorizzare, qui risolta in un insieme di scene ad effetto talmente vaghe da ricordare un lunghissimo riassunto delle puntate precedenti.

Cosa rimane? Il piacere di potersi gustare l’ennesima interpretazione di Peter Stormare, che nelle atmosfere oscure riesce sempre a dimostrarsi impeccabile. Un po’ meno Willem Dafoe, poco incisivo, è vero, ma bisogna anche dire che chiunque altro lo sarebbe stato al suo posto.
La colpa è tutta di un film pieno zeppo di potenzialità inespresse, più utile a conciliare il sonno che a toglierlo. Per un Thriller non può esistere premessa peggiore. Se a dettare i brividi è l’aria condizionata, tanto vale godersela a casa.

Consulta tutte le informazioni sul film nella nostra SCHEDA

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