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Il nuovo cinema argentino

Il cinema Argentino è stato uno dei primi al mondo (Wikipedia) e, alla fine degli anni ’60, l’Argentina fu il teatro di uno dei movimenti più importanti del cinema tendente a un’opera di svecchiamento proiettata verso una nuova definizione del rapporto fra gli uomini e il potere, fra l’economia e la libertà (Fernaldo Di Giammatteo): si afferma il gruppo di Cine Liberación, fondato dai peronisti di sinistra Fernando E. Solanas e Octavio Getino.

Un cinema militante e sperimentale che circola semiclandestino: l’intento è di usare il film come un’arma di liberazione, facendo di ogni partecipante un “guerrigliero”. Il regista faceva parte di un collettivo, un gruppo produttivo che lavorava per conto degli oppressi. Nel 1976 i militari conquistarono il potere e lanciarono un attacco feroce all’opposizione. Negli anni a venire sparirono circa 20.000 persone, la maggior parte delle quali uccisa per mano degli squadroni della morte. La produzione cinematografica praticamente si interruppe.

Le cose sono cambiate.
Oggi ….l’unica industria prospera in Argentina è quella del cinema. Credo che Buenos Aires sia la città al mondo con la più alta concentrazione di registi per metro quadro (Carlos Sorin).
Una cinematografia che riesce a confrontarsi con l’avvento della democrazia e a interrogarsi sul doloroso passato di sangue e torture e che produce un’ondata di nuovi registi (Lisandro Alonso, Daniel Burman, Israel Adrián Gaetano, Lucrecia Martel, Martin Rejtman, Bruno Stagnaro, Pablo Trapero…), un’ondata
passata attraverso la devastante crisi economica del 2001 e che risente ancora delle ferite aperte degli anni della dittatura militare dal 1976 al 1983 e della tragedia dei desaparecidos… dimostra la sua vitalità attraverso storie raccontate con semplicità, ma con grande intensità e forza, e forse il filo rosso che lega molte di queste opere è che il nuovo cinema ha un senso di contemporaneità che prima non esisteva e un dinamismo che viene proprio dal poter raccontare con maggior libertà la quotidianità del paese (Alessandro Cuk).

Il Festival di Pesaro ha dedicato alla cinematografia argentina la sua 42a edizione, recentemente al Museo nazionale del cinema a Torino e alla Sala Trevi di Roma (Cineteca nazionale) è stata presentata una rassegna della migliore produzione di un Paese massimamente importante nel campo della produzione filmica (lo dimostrano i vari riconoscimenti internazionali): da La storia ufficiale sulla sanguinaria dittatura di Videla (1985, vincitore tra l’altro dell’Oscar) di Luis Puenzo a XXY, un inno alla libertà individuale e al diritto di scegliere la propria sessualità (2007, premiato alla Settimana della critica a Cannes) diretto dalla figlia di Luis, Lucia Puenzo.

Da sottolineare che il nuovo cinema argentino, così ricco di idee, è più apprezzato all’estero che in patria (non c’è festival cinematografico degli ultimi anni che non ospiti in concorso una o più pellicole argentine). E’ vero che in Argentina vi è una superproduzione (escono 4-5 film nazionali a settimana): ma il pubblico tende a disertare le sale dove si proiettano opere argentine (ogni anno i campioni d’incasso sono sempre pellicole USA). La superproduzione è dovuta sia al boom delle scuole di cinema (scuole che ora contano oltre 10.000 studenti) sia (soprattutto) alle elargizioni a pioggia dell’Incaa (Istituto Naciònal de Cine y Artes).

cinemargentino

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