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Storia del Cinema - Origini e primi passi

STORIA DEL CINEMA – ORIGINI E PRIMI PASSI. Capitolo 1. Primo capitolo nella storia del cinema dal cinematografo ai primi film del cinema delle origini, ai primi tentativi verso l’istituzionalizzazione del cinema. L’invenzione, i primi utilizzi, verso l’industria standardizzata, attrazione e narrazione, cinema primitivo e istituzionale

Inauguriamo la sezione Lezioni di Cinema riportando sul sito di Cineocchio quello che tempo fa era pubblicato sul vecchio forum. In vista delle nuove lezioni di cinema non potevano mancare anche quelle già redatte per storia del cinema. Trattandosi in assoluto del primo articolo della categoria vi invito a leggere la postfazione a fondo articolo che fa luce sul lavoro di riassunto operato per questi scritti, sulla base del testo accademico di riferimento: Introduzione alla Storia del Cinema di Paolo Bertetto.

Capitolo 1 – Origini e primi passi

1.1 Il Cinematografo , nascita e successo

Come è risaputo viene attribuita all’anno 1895 la nascita del cinema.

Trattasi però di una convenzione , di semplificazione del processo di nascita e sviluppo dello strumento del cinematografo e di quegli strumenti simili e affini che hanno preceduto la prima proiezione pubblica nel 1895 , appunto.


(immagine animata rintracciata su questo sito )

Infatti l’invenzione del cinematografo è un fenomeno internazionale che abbraccia diversi paesi : Francia , Germania , Stati Uniti , Inghilterra.
I tentativi di animare le immagini statiche erano già diversi , prima della famosa data riportata , e gli strumenti di ripresa fioccavano da tutte le parti.
Fra i tanti ricordiamo Thomas A. Edison e l’assistente William K.L. Dikson , che costruirono il Kinetoscopio. Strumento capace di proiettare un brevissimo film ad uno spettatore per volta che vedeva le immagini attraverso un mirino.
L’invenzione non ebbe successo e come sappiamo , il cinema , è destinato ad essere fruito collettivamente.
Nel fermento inventivo generale spuntano i Lumière, con il loro apparecchio che pare più adatto proprio ad un esigenza di proiezione per un pubblico numeroso.
La loro macchina richiede infatti la proiezione su di un grande schermo , l’utilizzo di una pellicola su supporto flessibile ( il supporto ottimale è la celluloide, utilizzata per le fotografie dal 1882 ), uno scorrere della pellicola a 16 fotogrammi al secondo.
La tecnologia del Cinematografo Lumière incorpora e rielabora bene teorie e tecnologie proposte da altri inventori , presentando un dispositivo efficiente e , vedremo poi, efficace, pronto per sbarcare sul mercato.
Nel 1895 ecco che , allora , troviamo la prima proiezione pubblica che rappresenta il passaggio fra la curiosità e sperimentazione della novità tecnica ad uno strumento efficiente per uno spettacolo con pubblico pagante.

1.2 Le prime metamorfosi del cinema.

Dunque, negli ultimi anni dell’ottocento, il cinema non è più di interesse strettamente scientifico ma dovrà passare ancora un poco di tempo prima che acquisti una propria identità specifica.
In quanto il cinema fa parte, in questo periodo, di uno spettacolo multimediale, senza costituire uno spettacolo autonomo, inserito fra balletto, varietà e circo.
Già dagli inizi del 900, però, si inizia a dare rilievo alla messa in scena e al film narrativo, piuttosto che alle riprese dal vero e si crea un distinguo fra i ruoli dell’operatore di macchina, prima unico responsabile del film, e il nuovo ruolo di Regista.
Ora è il regista a sovrintendere alla lavorazione e diviene il responsabile della concezione del prodotto ( director system ).
In tempi rapidissimi il cinema diventa un’ attrazione popolare, vertendo all’autonomia dello spettacolo film.
Nascono le prime sale cinematografiche e i primi Nickelodeon. Questi ultimi costituiscono locali dedicati al cinema che offrono programmi rapidi ( fino agli otto film da 5-10 minuti ciascuno ), una varietà degli orari di proiezione (per consentire la visione ai lavoratori in pausa pranzo o alle donne e bambini ) e un biglietto a basso costo.
Il successo del cinema e la domanda che ne consegue porta ad una revisione del sistema produttivo che si adopererà per una produzione di massa.
Intorno al 1905 vediamo sorgere o consolidarsi le prime grandi strutture produttive.
In Francia Meliès si specializza nei film a trucchi e Charles Pathè impone la propria azienda a livello mondiale.
Anche in Italia non sono da meno, tra il 1908 e 1914 il cinema italiano costituisce un fenomeno mondiale.
In Italia il cinematografo arriva nella primavera del 1896 ma le prime imprese produttive nasceranno più tardi rispetto la Francia e Stati Uniti , dopo il 1905.
L’Italia si specializza nella produzione di film storici monumentali ( Quo vadis? di Enrico Guazzoni 1912, Cabiria di Giovanni Pastrone 1914 ) oppure nel melodramma mondano (Ma l’amor mio non muore! di Mario camerini 1913, Il Fuoco di Giovanni Pastrone 1915 ) o ancora il dramma realista ( Assunta spina di Gustavo Serena 1915, Sperduti nel buio di Nino Martoglio 1914 ).

1.3 Verso la nascita di un’industria standardizzata

E’ dopo il 1908 che l’industria cinema, ancora in formazione, sente la necessità di trasformarsi su scala internazionale, per ampliare la varietà del pubblico, a seguito di ciò la produzione assume un livello industriale.
I film, attorno al 1910, sono prodotti secondo logiche di produzione standardizzata, dove la distinzione fondamentale è quella per generi, in modo tale da garantire una riconoscibilità del prodotto e del suo veloce ricambio.
Troviamo fra i generi la cosiddetta Slapstick Comedy, capace di fornire una rilettura grottesca della società, tramite cadute, sberle e torte in faccia, supportata da un dinamismo acrobatico che trova le sue fondamenta nella meccanica e plasticità dei corpi.
Le serie comiche di questo tipo nascono nel 1906 e le prime produzioni sono francesi, interpretate da Andrè Deed ( Boireau in Francia, poi Cretinetti in Italia ) ma già all’inizio del 1910 sono gli Stati Uniti d’America a sviluppare maggiormente la produzione comica grazie soprattutto ad un certo Mack Sennet, regista e produttore, che fondò nel 1912 la casa di produzione Keystone.
Proprio con la Keystone esordiscono personalità come Roscoe “Fatty” Arbuckle e Charlie Chaplin e fu proprio grazie a Mack Sennet che si perfezionò la commedia slapstick (slapstick significa letteralmente “schiaffo-bastone” ) portando al successo internazionale le commedie della Keystone, grazie anche ad un ritmo serrato e al succedersi ripetitivo di gag, stravolgendo la logica spazio-tempo e causa-effetto, sovrastando, per ritmo e caratterizzazione, le comiche europee.

E’ verso gli anni dieci che si impone il film di lungometraggio ( circa 60 minuti ), il cinema narrativo diventa la scelta quasi esclusiva a scapito del documentario o del film a trucchi e, in questo periodo, si rileva una sostanziale espansione dell’industria cinematografica americana.
Negli Stati Uniti le grandi case di produzione si rafforzano, a discapito di quelle indipendenti, mentre in Europa (soprattutto Italia, Francia, Russia e Svezia) si tende ad una differenziazione maggiore, grazie all’autonomia creativa dei singoli, come “scuole nazionali”.
In seguito allo scoppio della prima guerra mondiale però, nel 1914, gli Stati Uniti si vedono acquisire un vantaggio più che discreto, vedremo poi incolmabile, rispetto alle produzioni europee.
Va appuntato che l’egemonia del cinema americano non va riscontrata solo nello scoppio della guerra ma anche nel sistema produttivo che fu messo in atto, un sistema efficiente dove le case piccole tendono ad essere inglobate dalle produzioni maggiori, rafforzandole e rendendole capaci di controllare l’intero processo produttivo di un film.
Sorgono le grandi case di produzione come l’Universal, la Paramount, la Warner Bros e molte altre. Il modo di produzione si trasforma, arriva il producer system : dopo il 1914 non è più il regista a sovrintendere il processo di lavorazione e ad esserne responsabile ma diviene il produttore.
Il regista è responsabile solo delle riprese, con poche eccezioni di autonomia (ma significative come David W. Griffith, M. Sennet, C.B. De Mille, C. Chaplin ).
Il principio di questa trasformazione del sistema produttivo (Studio System ) è quello di intendere il film come un prodotto, e quindi di impacchettarlo nel migliore dei modi garantendone la sua vendibilità.
In questa prospettiva troviamo la nascita dello Star system, facendo dell’attore principale il veicolo pubblicitario del film, a differenza del passato dove i nomi degli interpreti potevano anche mancare dai titoli di testa.

1.4 Cinema delle origini: attrazione e narrazione, primitivo e istituzionale

Stiamo andando a riportare un passaggio importante nella storia del cinema, fondamentale e interessante nelle diversificazioni, anche se semplificate. Una sorta, sempre semplificando, di “prima e dopo”.

Nel libro di supporto preso in esame viene offerta una chiara differenziazione fra il cinema delle origini e il cinema che seguirà, al quale il primo sarà per molti aspetti estraneo, riportando le teorie di un importante nome nella critica cinematografica: Noel Burch.
Il quale propone di definire il sistema del cinema delle origini “Modo di Rappresentazione Primitivo“(MRP) per distinguerlo dal “Modo di Rappresentazione Istituzionale” (MRI), coincidente con il cinema narrativo classico di hollywood.

L’elemento basilare del MRP consiste in una concezione autonoma dell’inquadratura che rappresenta il fulcro della rappresentazione e non il montaggio.
Nel cinema primitivo, tendenzialmente, la comunicazione fra inquadrature è minima o mancante. Il film è una giustapposizione di singole scene.
Fino al 1902 la maggioranza dei film è monopuntuale (costituito da una sola inquadratura ), in seguito ci sarà una moltiplicazione dei piani (fino a 10 inquadrature dal 1903 ) ma anche nei film pluripuntuali (costituiti da più inquadrature ) la suddetta comunicazione resta minima.
La caratteristica fondante del MRP e la concezione dell’inquadratura si può riassumere così: Ogni piano, prima di lasciare il passo al successivo, deve esaurire l’azione che si sviluppa all’interno del quadro.

Nelle inquadrature del cinema primitivo possiamo poi individuare caratteristiche ricorrenti come la fissità della cinepresa, tendenzialmente in posizione frontale, un’ illuminazione uniforme e il mantenimento di una discreta distanza fra la macchina da presa e gli attori.
La concezione autonoma dell’inquadratura, come descritto sopra, comporta una conseguente logica di montaggio, detto  “non continuo”. Questo significa che non è ancora stato messo a punto un sistema di raccordi tra le inquadrature che permetta loro di dialogare l’ un l’ altra, fluidificando la naturale discontinuità dei cambi.
Spesso possiamo assistere ad una ripetitività dell’azione, dove il montaggio fa si che l’azione si prolunghi da una inquadratura alla successiva, ripetendo una parte dell’azione che era già terminata, creando così una certa sovrapposizione dell’elemento temporale.

Da ricordare, inoltre, che sono state individuate due modalità di rappresentazione, nonostante la solidità del sistema primitivo. Precisamente la differenziazione è stata individuata ed elaborata da Tom Gunning e Andrè Gaudreault (nomi importanti nella storia del cinema e della critica cinematografica ).
Andando al punto, troviamo nel MRP :
Il sistema delle ATTRAZIONI MOSTRATIVE, dove l’attrazione è centrale, come lo è l’atto di attrarre facendo vedere, tramite il trucco e/o l’evento fuori dall’ordinario.
L’attrazione del cinema delle origini non si discosta molto da quella del circo, del vaudeville e di altri spettacoli che ospitavano il cinema all’interno del proprio dispositivo.
(I film dei primi anni accolgono così funamboli , clown , animali ammaestrati , danzatrice ecc. ).
Invece, nel sistema dell’ INTEGRAZIONE NARRATIVA è il racconto a diventare l’elemento portante del sistema. Le inquadrature non sono più elementi autonomi al solo scopo di mostrare ma tendono a integrarsi nella più vasta unità narrativa del racconto.
Questa centralità del racconto porta ad un processo di “Linearizzazione” narrativa delle inquadrature, ossia le riprese, perché comunichino fra la loro, tendono ad essere realizzate in funzione del montaggio.
Il passaggio dal cinema delle attrazioni mostrative al cinema dell’integrazione narrativa comporta anche un mutamento delle relazioni fra il film e lo spettatore, una nuova concezione della visione filmica.
Nell’attrazione troviamo uno spettatore che guarda un attore che sa di esibirsi di fronte ad un pubblico. Dunque un contatto diretto con la sala, con la realtà, mentre nel cinema dell’integrazione narrativa questo contatto è completamente negato, in quanto il film narrativo costituisce un universo finito e chiuso in sé stesso.
Ed è a questo punto che possiamo chiamare in causa il Modo di Rappresentazione Istituzionale, precedentemente accennato, che elabora una sequela di regole adite a costruire l’illusione. L’illusione della continuità, con uno spettatore assorbito dal racconto ( anche per questo il famoso divieto agli attori, dall’inizio degli anni 10, di guardare in macchina ) .
Nella periodizzazione comune, da prendere poi con cautela, della storia del cinema viene indicato come predominante il cinema delle attrazioni almeno fino al 1908. L’integrazione narrativa inizia a prevalere solamente successivamente e si estende circa fino al 1915 per poi dare successivamente spazio al cinema narrativo classico.
Date da prendere con cautela, non solo per l’approssimazione storica ma anche per la finta scomparsa dell’attrazione nel mondo cinematografico. In quanto, volendo, la possiamo ritrovare nel Musical o negli effetti speciali del cinema contemporaneo.

1.5 Fino all’istituzionalizzazione o quasi, da Meliès a Griffith

Anche nel testo in esame possiamo trovare una nota sulla tradizione storiografica che attribuisce a Lumière e Meliès il ruolo di padri fondatori del cinema in posizioni contrapposte.
Una visione in parte giusta che trova un Lumière a riprendere in esterni, a filmare la vita colta sul fatto nel suo cinema della realtà prevalentemente non narrativo. Contrapposto troviamo Meliès con un cinema del trucco, dell’invenzione e dell’inventato, della finzione, dentro gli spazi chiusi dei teatri di posa.
Sottolinea il testo però, come questa antitesi possa perdere parte del significato collocando i due e il loro cinema all’interno del cinema dominante nei primi anni, cioè quello dell’ attrazione mostrativa , in quanto entrambi lavorano ad un cinema della mostrazione. Due aspetti dello stesso regime che prima di raccontare vuole far vedere.

Ad ogni modo Meliès è uno dei primi ad intendere la produzione di un film come processo artistico nei termini di messa in scena. Ciò nonostante le scene rimangono più che altro autonome, maggiormente nell’interesse di Meliès rispetto al montaggio globale.
Comunque è da ricordare che questi elementi caratterizzanti il cinema delle attrazioni non escludono la sporadica presenza di strategie di racconto tramite il montaggio.
Per esempio nel finale di Le Voyage dans la lune di Meliès, l’astronave precipita a terra e la vediamo uscire rapidamente di campo. Nell’inquadratura successiva l’astronave, che non è altro che un grosso proiettile, verrà ripresa al momento della caduta nell’oceano e ancora, nella terza inquadratura, vedremo l’astronave cadere sul fondo dell’oceano ,creando così una certa continuità.

Altre soluzioni di montaggio, che saranno fondamentali per l’elaborazione del Metodo di Rappresentazione Istituzionale arrivano, sempre in concomitanza con lo sviluppo di possibilità tecniche e spettacolari del trucco, anche dal primo cinema inglese con personalità come James Williamson e George Albert Smith, o Robert W. Paul e Cecil Hepworth che raggiungo risultati di rilievo nella ricerca linguistica e narrativa.
Nei film di questo contesto inglese rimane spesso predominante la componente attrazionale del trucco che sorregge un debole pretesto narrativo, oppure l’attrazione diventa anche il frutto di un gioco con il cinema stesso.
In The Big Swallow (1901) un signore si avvicina minacciosamente alla macchina da presa occupando l’intero quadro e, spalancando la bocca in primissimo piano, inghiotte la cinepresa e l’operatore.
Però la tendenza alla divisione dell’azione in diverse inquadrature comunicanti e/o correlate è già riscontrabile in un film di Smith del 1899, The Kiss in The Tunnel dove troviamo tre inquadrature a sezionare l’azione del treno che entra ed esce da una galleria (treno entra nel tunnel, due amanti che si baciano all’interno dello scompartimento, treno esce dal tunnel ).
Smith lavora anche sulla divisione in più inquadrature dello stesso spazio oppure sceglie di alternare le immagini di qualcuno che guarda a quello che l’osservatore sta guardando.
Per riportare un esempio di queste ricerche troviamo Grandma’s Reading Glass (1901) composto interamente da inquadrature in campo totale di una nonna e di un bambino seduto allo stesso tavolo e da inquadrature ravvicinate degli oggetti che il bambino vede con la lente della nonna.
Williamson è invece più interessato a lavorare sulla continuità d’azione tra inquadrature girate in spazi diversi. In Stop Thief ( 1901 ) Williamson mette in successione più inquadrature di spazi diversi ma contigui per rappresentare l’inseguimento di un ladro.
Proprio con questi film “di inseguimento”, o “poursuite”, il processo di linearizzazione diventerà una modalità ricorrente nel cinema narrativo delle origini. Noel Burch sostiene addirittura che questo principio fondante di continuità narrativa nasce proprio con la poursuite.
Altri sono i film che vanno citati di Williamson , ed è il caso di Fire!, nel quale il regista mette in scena una storia un poco più articolata: una casa inizia a bruciare, i pompieri intervengono, uno di questi soccorre un uomo intrappolato in casa e, subito dopo, ne salva anche la figlia.
Nel film si trova un’ ottima concatenazione dei legami causa-effetto e consente a Williamson di collegare due spazi non contigui ma distanti. A differenza di Stop Thief, abbiamo anche un uso corretto dei raccordi di direzione. Inoltre la dissolvenza non è più il metodo privilegiato per legare due inquadrature (come accade, per lo più, fino al 1903 ) ma abbiamo uno stacco fra un’ inquadratura e l’ altra, prima che l’azione sia interamente conclusa.
Ancora, la cinepresa manifesta i primi segni di ubiquità, ubiquità che sarà uno degli elementi costitutivi del MRI, portando lo spettatore dentro una casa che sta bruciando, prima che l’inquilino se ne accorga.
Queste tendenze che vertono e preludono alla narrazione filmica classica assumono, tra il 1903 e il 1906, dimensioni internazionali.
Negli Stati Uniti il film narrativo diventa la scelta privilegiata dal 1903 e tra i registi il più significativo è Edwin S. Porter.
Porter si muove tra soluzioni tipiche del MRP e strategie che prefigurano le soluzioni narrative del MRI.
Ad esempio, Life of an American Fireman (1902) riprende lo spunto narrativo di Fire! di Williamson ma vuole trasformare il pompiere da semplice “ruolo” a personaggio, con una sua interiorità. Tuttavia il montaggio evidenzia ancora i forti legami con il MRP ( l’ azione del salvataggio del bambino è infatti prima ripresa per intero dall’interno della stanza e successivamente ripresa dall’esterno creando quel conosciuto effetto di sovrapposizione temporale ).
Il film più celebre di Porter è The Great Train Robbery ( 1903 ) e mescola, come il sopraccitato, elementi tipici del cinema delle attrazione ma con importanti conquiste sul piano narrativo.
Il film racconta in 14 inquadrature la storia di una banda di rapinatori che assalta un treno. Il montaggio tenta di costruire una certa continuità spazio temporale fra le inquadrature e le azioni ma non riesce a rappresentare a pieno la simultaneità di queste ultime con un montaggio alternato.
Le inquadrature spesso esauriscono in sé stesse la durata di una scena ma in alcuni casi l’azione si sviluppa attraverso più inquadrature ( l’inseguimento, la fuga dei banditi ).
Il celeberrimo primo piano “finale” del bandito che spara contro la macchina da presa rientra nella logica mostrativo-attrazionale di questo cinema, che comunque coesiste con una più strettamente narrativa.

Oltre ai vari contributi e sperimentazioni di diversi registi, un ruolo decisivo verso il MRI va riconosciuto a David Wark Griffith.

Nel 1908 Griffith è scritturato dalla Biograph come regista e fino al 1913 realizza oltre 450 film ( della durata dello standard prevalente a una bobina, cioè circa 15 minuti ).
In questi anni si dedica a sperimentazioni linguistiche ed espressive, concentrandosi sulle diverse opzioni di montaggio ma si occupa anche delle risorse espressive della profondità di campo e del dinamismo della composizione interna al quadro.
Griffith non è però un caso isolato nella sperimentazione, la sua importanza va riscontrata nella messa a punto di questo nuovo cinema, in un clima di reciproche influenze.
Questo lavoro si pone l’obiettivo di rendere comprensibili strutture sempre più complesse e, al tempo stesso, investire il cinema di responsabilità morali.
Una delle principali preoccupazioni di Griffith è quella di costruire attraverso il montaggio un universo continuo e omogeneo a partire dalle inquadrature, per natura discontinue e frammentarie.
Per questo è necessario codificare una sintassi della continuità.
Questo lavoro definisce un vero e proprio sistema di regole atte a riorganizzare la materia narrativa dandole forma e chiarezza e una maggiore facilità di assorbimento dello spettatore all’interno del racconto.
Si offre, con questo sistema, un punto di vista per lo spettatore sempre più dinamico, capace di spostarsi da spazi e tempi diversi.
L’ ubiquità dell’ istanza narrante e la sua volontà di coinvolgere completamente lo spettatore sono particolarmente evidenti nella più nota fra le strutture formali messe a punto da Griffith, ovvero il montaggio alternato.
Grazie a questa strategia narrativa lo spettatore inizia a capire che la successione di inquadrature può significare una relazione prima-dopo e può anche esprimere una simultaneità tra due azioni.
Il suo lavoro e la sua ricerca però non significano che nei suoi film ci sia già una totale operatività delle regole del cinema classico.
Alcune soluzione assumono effetti e significati diversi nel cinema di Griffith e in quello che sarà il cinema classico, per esempio il primo piano Griffithiano crea spesso, nel suo inserimento, un effetto di discontinuità e il suo valore eccede altrettanto spesso la sua funzione narrativa per assumere una valenza simbolica.
Il volto in primo piano ha così una valenza espressiva che allontana per un istante lo spettatore dal racconto per trasformare il personaggio stesso in simbolo di una particolare condizione interiore o sociale.

Veniamo ora al più conosciuto e rinomato film di David Wark Griffith , La Nascita di una Nazione (1915 ).
Con questo lavoro Griffith passa da film a una bobina ai lungometraggi, innalzando ulteriormente la complessità dell’opera. Raggiungendo poi, in questo film, la durata eccezionale di 12 rulli per 180 minuti di proiezione.
Griffith mette in scena la guerra civile americana ( 1861 – 1865 ) tramite un complesso equilibrio fra epica e psicologia, esprimendo una visione individualistica della storia.
Griffith guarda sempre con preoccupazione critica chi turba l’ordine sociale, in questo caso i responsabili della rottura sono i neri che non vogliono stare al loro posto.
Nella seconda parte del film i neri conquistano visibilità, in accezione negativa, occupando con violenza gli spazi dei bianchi.
Verso la conclusione del film Griffith mette in scena il famoso, forse uno dei più famosi, salvataggio all’ultimo minuto della storia del cinema: La capanna dell’unione dove si sono rifugiati il dottor Cameron e altri bianchi è assediata dai neri, ma i cavalieri del Ku Klux Klan riescono ad arrivare prima che accada il peggio.
Griffith realizza successivamente il film Intolerance ( 1916 ), ancora più ambizioso, intendendo offrire una rappresentazione del tema dell’intolleranza attraverso i secoli.
Per farlo costruisce una struttura narrativa innovativa, articolata in quattro episodi.
Come e più che in La nascita di una Nazione la storia garantisce l’ unità narrativa. Le storie, realizzate in stili diversi, si alternano legate da un tema costante e globale: la tolleranza (l’inquadratura di una madre che dondola una culla ).
Griffith girerà in seguito altri film fino al 1913, ma la sua maggior rilevanza artistica e sperimentale può dirsi conclusa nel 1916.

Dopo il 1910 aumenta la diversificazione fra il cinema europeo e quello statunitense.
Il cinema americano predilige la ricerca sul montaggio mentre le nuove scuole europee optano per una conservazione e potenziamento dell’espressività della scena non sezionata dal montaggio, soprattutto attraverso la valorizzazione della profondità di campo.
Grande fermento sul piano dell’invenzione stilistica lo si riscontra, negli anni dieci, in Francia, Italia, Danimarca, Svezia, Russia .
In francia la Pathè approfondisce le possibilità espressive del fondale dipinto e della scenografia.
Una ricerca analoga la si può cogliere nei kolossal storici italiani dei primi anni dieci.
Il film più rappresentativo è costituito da Cabiria di G.Pastrone.
Nel film la collaborazione di D’Annunzio. Il poeta si limita a rivedere le didascalie ma per la promozione spettacolare è accreditato come il responsabile del film.
L’importanza storica di Cabiria la si può riscontrare nella valorizzazione della messa in scena (nel senso originario: portare qualcosa in scena per farlo vedere ).
Lo spazio scenografico, per esempio, non è più un fondale dipinto ma la scenografia si fa reale (e monumentale ) e protagonista dell’ inquadratura. Costruzioni e spazi vivi che sovrastano l’ uomo, le masse, i singoli.
La soluzione più innovativa di Cabiria però viene riscontrata nell’ uso del carrello, appositamente brevettato da Pastrone nel 1912.
Nel film il carrello viene usato spesso e con disinvoltura, anche se nel periodo la cinepresa si muoveva per lo più su perno fisso.
Questo permette la connessione, in uno stesso piano, fra due o più elementi della scena.
Fra le varie nazioni la Danimarca porta un cinema, fino ai primi anni dieci, fra i più influenti e conosciuti del mondo con registi come Urban Gad, August Blom, Benjamin Christensen .
Il contributo della Danimarca a un cinema della profondità di campo è importante soprattutto per le ricerche sull’ illuminazione .
In Svezia troviamo Mauritz Stiller e il più conosciuto e rinomato Victor Sjostrom (entrambi si trasferiranno a Hollywood nei primi anni venti ).
Sjostrom dimostra un’ eccezionale abilità nell’ uso drammatico della profondità di campo (già nel suo primo film Ingeborg Holm, 1913).
Anche il cinema russo, dopo il 1913, si muove sul modello “alternativo” europeo ma con particolarità del tutto proprie, grazie anche alla chiusura delle importazioni durante la prima guerra mondiale, un evento che favorisce lo sviluppo delle case di produzione nazionali.
La produzione si specializza in sofisticati e malinconici melodrammi di sapore decadente e spesso l’inquadratura diviene una struttura complessa (vedi regista Evgenij Bauer ) e richiede, per essere letta, una durata incompatibile con le logiche del montaggio narrativo statunitense.

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Si conclude qui la prima parte di Storia del Cinema. Prossimamente sarà pubblicato il secondo capitolo che racchiude, fra l’altro, il cinema espressionista, il cinema sovietico e il cinema d’avanguardia.

Parte Successiva: Capitolo 2 – Parte 1 – Il Cinema europeo degli anni Venti: Cinema Espressionista Tedesco anni Venti

Postfazione

Per questo esperimento mi cimenterò mano a mano in un riassunto, obbligatoriamente semplificato, ma mi auguro non troppo semplicistico, di quella che è la Storia del Cinema. Sarà un lavoro più accademico che riflessivo e soggettivo, per fornire linee guida basilari e un’idea generale della Storia del Cinema.

Importante: Questo verrà svolto leggendo e rielaborando gli scritti accademici di riferimento (secondo i programmi delle università con indirizzi di studio relativi al cinema), anche riportando testualmente il libro, seguendolo pagina per pagina, paragrafo per paragrafo e capitolo per capitolo, ma senza dare, se non occasionalmente, nuove interpretazioni. Si riportano appunto solo concetti assimilati dopo la lettura del testo e soprattutto scopiazzando e citando il testo stesso nell’intento di riassumere i concetti essenziali, alla base della materia trattata.

Questi riassunti non possono certo sopperire al testo di riferimento che consiglio di acquistare per la sua validità e utilità insostituibile.
Riflessioni e appunti, correzioni e dibattiti, potranno poi essere intrapresi dall’utenza interessata con i commenti. Chi interessato potrà poi approfondire acquistando i testi di riferimento.
In ultimo, il Lavoro non ha pretese di sorta, se non quella di fornire un appunto ulteriormente semplificato con l’aggiunta sparsa di qualche considerazione personale e riflessione.

Fonte: CineOcchio

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