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Recensione: Saw V (2008) di David Hackl

RECENSIONE: Saw V (2008) di David Hackl. Il quarto capitolo delle mirabolanti avventure di Jigsaw è stato talmente pretestuoso da riuscire a far passare in secondo piano ogni evidente difetto. In verità già alla seconda puntata la corda era tiratissima, ma bene o male ne eravamo coscienti.
Dopo cinque anni Saw ha raggiunto uno status tale che lo si guarda più che altro per tradizione.

Questo è un pregio, principalmente perché è riuscito a (ri)creare quella ricorrenza mediatica tipica dell’horror anni ’80 /’90, consacrando un personaggio che – al pari di Freddy Krueger e Jason Voorhees – è riuscito ad entrare nell’immaginario comune del cinema di genere.
Dopo il terzo capitolo, la storia ha preso una piega tale che la si può continuare all’infinito, un erede di Jigsaw si può trovare praticamente ovunque.
Ma far morire l’eroe (se si può chiamare così) di una saga non è certo una scelta saggia, ancor meno se dopo si cerca di resuscitarlo attraverso una serie di flashback ad incastro, che obbligano lo spettatore a ricordare a memoria ogni minimo dettaglio degli episodi precedenti, creando più confusione che altro.
Fin quando ci si limita ad una spettacolarizzazione della morte, finalizzata ad un intrattenimento ludico e grandguignolesco, la cosa può anche andare bene. Ma cercare di rendere plausibile il tutto equivale ad un voler tirare una corda ormai spezzata da tempo.
Questo è l’errore principale di Saw V, aver abbassato il tasso di emoglobina, tentando di dare risalto ad una storia ormai assente da anni.
Va da sé che il plot è brutto, inutile, raffazzonato e, come se non bastasse, girato dall’esordiente David Hackl (collaboratore storico della serie) come solo i Tv Movie di terza categoria.
I congegni di Jigsaw non sono più quelli di una volta, ma anche questo è in linea con le celebri saghe horror di un tempo, cresciute in gloria e morte in miseria.
Intanto si parla già del sesto capitolo, e per aumentare il desiderio si spargono qua e là interrogativi e finali da Soap Opera (cosiddetti cliffhanger).
Si sbuffa, si critica, ma l’anno prossimo saremo di nuovo in sala.
Proprio come facevamo negli anni ’90.

L’agente speciale Peter Strahm, che avevamo lasciato alla fine del quarto capitolo, riesce miracolosamente ad uscire (quasi) illeso da una trappola di Jigsaw, la cui eredità è passata nelle mani del Detective Hoffman.
Convinto della colpevolezza di Hoffman, l’agente comincia un’indagine segreta per smascherarlo.
Nel frattempo cinque persone si risvegliano in un luogo fatiscente.
Il gioco inizia.


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