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Recensione: Cosmopolis (2012) di David Cronenberg

RECENSIONE: Cosmopolis (2012) di David Cronenberg. Leggermente bistrattato dalla critica, poco promosso dal Festival di Cannes con la giuria di Nanni Moretti, il film di David Cronenberg si rivela una bomba innescata pronta ad esplodere, un percorso di mutazione psicofisica con sottotesti tremendamente attuali e pionieristici, un racconto spiazzante nelle profondità più buie del nostro nuovo millennio, sia sul versante carnale che su quello più filosofico.

Scheda del Film

Cosmopolis prende vita dal romanzo dell’acclamato autore americano Don DeLillo. La storia racconta di un giovane rampollo famoso e miliardario, Eric Packer, ragazzo tutt’uno con informazione planetaria, tecnologia, borsa e grandi capitali, e con la sua limousine, simulacro e palcoscenico (fin tanto vero e proprio contenitore) di tutto questo.
Eric ha una indissolubile determinazione nel voler andare ad aggiustarsi il taglio di capelli dal barbiere di famiglia, proprio il giorno in cui vi è il presidente degli Stati Uniti in giro per la città, un funerale di una celebrità e una manifestazione di protesta in corso. Tutto ciò rende il traffico congestionato e pericolosi i suoi spostamenti. Ma il barbiere non è che un pretesto, vedendo il taglio già perfetto, per tornare ad emozioni familiari, alle origini, per contrastare un’alienazione che diventerà più tangibile ed evidente con l’andare del film, fino a raggiungere una deriva autodistruttiva, come il mondo attorno a lui. Lo stesso protagonista andrà perdendo pezzi uscendo dall’automobile (giacca, cravatta, capelli, o pezzi morali ed emotivi).

La scelta di Robert Pattinson come attore protagonista nei panni di Eric Packer non è affatto da osteggiare, nonostante la star goda di una fama clamorosa per la saga di Twilight e sia popolare tra un pubblico di teen-ager, qui è immerso in tutto un altro campo da gioco. Si fa piuttosto apprezzare la scelta ardita e sorprendente, un volto idoneo al ruolo nella sua fissità di espressioni e fascino ultraterreno che si immerge perfettamente in un cinema più serio e impegnato come questo.

Cosmopolis, superati i primi minuti in cui il fantasma della noia sembra far rumoreggiare le proprie catene e dedicando tutta la propria attenzione al film immergendosi nella visione cronenberghiana, si rivela un’opera profondamente curata e strutturata, seppur nel suo essere (giustamente) spiazzante e prolissa, una pellicola colma di diversi elementi e significati abilmente collegati gli uni con gli altri.

Si pensi alla riflessione, prima ancora che ad una presunta critica, sull’attualità del sistema mondiale, sul capitalismo, sui grandi mercati finanziari, sui nuovi ricchi e sul rapporto uomo-macchina caro a Cronenberg e qui rappresentato anche dalla stessa limousine (co-protagonista nel film tanto che al suo deposito in garage, la sua perdita si farà sentire quanto la scomparsa di un qualunque altro attore di primo piano), limousine che si fa vero e proprio palazzo, quasi un’astronave di un altro mondo con un marziano a bordo, ma l’automobile si fa anche corpo e mente del nostro protagonista, re incontrastato, visionario alienato dal mondo, spaventosamente forte quanto fragile, così come la borsa nella quale fa investimenti finanziari in grado di cambiare le sorti del mondo e di rovinargli la vita.

Ma il film scava ancora più in profondità, legando perfettamente tra loro diversi elementi con simboli, significati, messaggi, frasi, pensieri… Sono legati da tutto questo sia il personaggio e la sua limousine, il racconto come anche il sistema sociale e finanziario sia a livello analitico che filosofico e, in più, si va indagando e rivelando a tratti i rapporti tra tutti questi componenti. Si crea così una spirale di senso dove tutto è legato in quello che vediamo e sentiamo sullo schermo, in perfetta armonia, ed è così fluido e sgorgante che il messaggio, anche se forse non sempre immediato, risulta comunque dirompente ed emotivamente intenso. C’è davvero tutto sul nostro periodo storico, compresi i suoi stati d’animo come i suoi meccanismi.

Il senso di catastrofe incombente, l‘alienazione, la tecnologia, la razionalità di un sistema che macina con superbia dati e persone, il caos e l’imprevisto (o meglio l’imprevedibile, fin anche l’impossibile), l’anomalia incalcolabile che rivoluziona ogni cosa (una chiave dell’intero film è la prostata asimmetrica del protagonista. “Una banale imperfezione”, “Avresti dovuto ascoltare la tua prostata”), il tutto con una regia puntuale, fredda e netta, dialoghi copiosi ma mai banali o superflui e spesso indimenticabili e con innumerevoli frasi impareggiabili, anche se pare che siano riprese con precisione dal romanzo. A tal proposito si vedano i topi come valuta monetaria, la gomma da masticare, l’anomalia della prostata, etc… Aggiungiamo qualche guizzo di apparente non-sense, un compartimento tecnico di prim’ordine (dalla fotografia, al suono e alle musiche), e ogni cosa amalgamata alla perfezione nel creare un’opera immensa, partendo dal poco, come un taglio di capelli dall’altra parte della città.

[POSSIBILI SPOILER] Questo pianeta cinematografico raggiunge la massima tensione con il procedere del tempo, fino ad un finale geniale (anche se forse non del tutto imprevedibile) in cui si rimane in sospeso. [FINE SPOILER]

Ho avuto una sensazione, fra le altre, come con il film My Son My Son What Have Ye Done di Werner Herzog, anche se ovviamente è completamente diverso. Sensazione simile perchè si tratta di un film che ha un un sottotesto (più folto nel caso di Cronenberg), come lo hanno molti ma nessuno in questo modo, che funziona a meraviglia ma prima ti fa cercare la chiave per aprire le porte della sua dimensione e nel frattempo è in grado di punzecchiare, ammiccare, deriderti e basire… ma una volta entrati è tutto divertimento sfrenato.

Tirando le somme penso che David Cronenberg sia riuscito a raggiungere vette altissime nel cinema moderno e forse Cosmopolis è per il nostro tempo quanto e più di quello che Metropolis fu per la fine degli anni Venti. Vette altissime anche nel suo cinema moderno, quello di Cronenberg, quello post mutazioni plateali, pelle lacerata e quant’altro, raggiungendo gli stessi obiettivi con strade alternative anche per lo stesso autore, più suggerite, più cerebrali e con ottimi risultati in questa ultima fatica. Da assumere dopo i pasti, come le medicine più pesanti per lo stomaco, ma il vostro impegno non potrà essere che ripagato abbondantemente. Se non la cura, il racconto della malattia. Come sempre con Cronenberg.

Insomma il film di Cronenberg è qualcosa, ed è qualcosa che va visto! E purtroppo anche vissuto.

 

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